Riflessioni

Sembra non aver fine l’annoso problema della gestione delle alberature in ambito urbano. Gli ultimi episodi del Comune di Abano Terme in provincia di Padova, evidenziano in modo drammatico come la gestione delle alberature risulti ancora una materia dove l’ignoranza regna sovrana, e dove la sensibilità per un bene prezioso come l’albero, rimane solo parola.
Centinaia di abbattimenti immotivati, non sono certo confortanti, per chi rimane profondamente convinto che questo bene di tutti debba essere salvaguardato e rispettato.
Rincuora e merita attenzione il lavoro di chi crede che le cose possano e debbano cambiare.

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Parliamo di Micorrize

Cosa sono
Per micorriza si intende un particolare tipo di associazione simbiotica tra un fungo ed una pianta superiore localizzata nell’ambito dell’apparato radicale del simbionte vegetale, e che si estende, per mezzo dell ife o di strutture più complesse come le rizomorfe nella rizosfera e nel terreno circostante. Queste simbiosi sono, nella maggior parte dei casi, di tipo mutualistico, per cui i due organismi portano avanti il loro ciclo vitale vivendo a stretto contatto e traendo benefici reciproci, sia di natura nutrizionale che di altro tipo.

Le associazioni micorriziche rappresentano un enigma per la maggior parte degli ecologi, e neanche gli esperti del settore hanno difficoltà ad ammettere di non averne ancora afferrato l’immensa varietà di tipi e di ruoli sia negli ecosistemi naturali che in quelli modificati dall’uomo.
I primi studi furono condotti in Germania verso la fine dell’Ottocento da Albert Bernhard Frank, un patologo forestale che descrisse per la prima volta la struttura ed il funzionamento essenziale di quel rapporto simbiotico fra alberi e funghi che chiamò mykorhiza. Il principale carattere strutturale che Frank riuscì ad osservare, fu la costante presenza di una sorta di rivestimento, o mantello, costituito da un intreccio ifale, sugli apici radicali. Frank notò altresì che queste strutture sono sempre presenti nei sistemi radicali delle piante vegetanti in ambienti naturali.
Nel corso di studi successivi furono individuati due tipi di micorrize:
• le ectomicorrize conosciute anche come micorrize ectotrofiche), caratteristiche della maggior parte delle angiosperme arboree e delle conifere,nelle quali è possibile osservare un mantello fungino esterno ricoprente gli apici radicali;
• le endomicorrize,(conosciute anche come micorrize endotrofiche), di più ampia diffusione (anche tra le specie erbacee), non dotate di un mantello fungino esterno e manifestanti un certo grado di colonizzazione intracellulare da parte delle ife.

Classificazione
Una prima distinzione, che ricalca quella ormai superata tra endomicorrize ed ectomicorrize, può essere fatta tra le micorrize che coinvolgono funghi endofiti con ife non settate appartenenti al phylum Glomeromycota e le micorrize formate da funghi con ife settate appartenenti a diversi ordini di ascomiceti e basidiomiceti.
Per quanto riguarda le piante simbionti, esse sono così numerose e diversificate dal punto di vista tassonomico che la classificazione spesso è difficoltosa. Bisogna inoltre considerare che il tipo di micorriza formato può essere influenzato dall’identità sia della pianta sia del fungo, per cui, ad esempio, uno stesso fungo può formare diversi tipi di micorriza a seconda della pianta coinvolta.

Micorrize vescicolari-arbuscolari
Conosciute anche come micorrize VA o VAM, sono caratteristiche dei membri del phylum Glomeromycota. Il principale carattere distintivo di questo gruppo risiede nella capacità, da parte dei funghi, di produrre particolari strutture, chiamate arbuscoli, all’interno delle cellule delle piante compatibili.
Le piante simbionti, in questo tipo di micorrize, appartengono praticamente a tutti i phyla: Bryophyta, quasi tutti i gruppi delle Pteridophyta, tutti i gruppi delle Gymnospermae e la maggior parte delle famiglie delle Angiospermae.

Ectomicorrize
Interessano principalmente funghi ascomiceti e basidiomiceti (circa 6000 specie) e piante arbustive ed arboree (circa il 5% delle Spermatofite per una stima di 8000 specie).
Tra i più comuni funghi che formano ectomicorrize si citano:
• Basidiomiceti
• Ascomiceti
• Zigomiceti
In questo tipo di associazioni il fungo forma una struttura, denominata mantello o micoclena, che avvolge gli apici radicali. Esternamente ad essa emanano nel terreno ife singole o aggregate in strutture chiamate rizomorfe. Le ife inoltre penetrano verso l’interno fra le cellule dell’epidermide radicale formando un sistema intercellulare complesso, che appare in sezione come una rete di ife denominata reticolo di Hartig. Vi è invece poca o nessuna penetrazione intracellulare.
La particolare importanza delle ectomicorrize nel settore forestale è dovuta al fatto che esse interessano la maggioranza delle Pinacee, delle Fagaceae (molto frequenti nelle foreste temperate) e delle Myrtaceae, così come molte altre famiglie contenenti importanti specie arboree.

Endomicorrize
Possiedono molte delle caratteristiche delle ectomicorrize, ma esibiscono
anche una elevata capacità di penetrazione intracellulare. Esse interessano principalmente i semenzali di alcune conifere (soprattutto Pinus spp.) e sono caratterizzate da un reticolo di Hartig piuttosto grossolano, da un manicotto molto sottile o assente, e dal fatto che, soprattutto nelle parti più vecchie delle radici, le cellule vengono invase da matasse di ife.

Aspetti nutrizionali

Nella maggior parte dei tipi di micorrize gli scambi nutrizionali consistono sostanzialmente nel movimento di carbonio organico dalla pianta verso il fungo e, nel senso opposto, di sostanze nutritive (come P, N, Zn e Cu), in forma organica o inorganica, verso la pianta. La funzionalità dei sistemi micorrizici dipende dunque:
• dal trasferimento, nella maggior parte dei tipi micorrizici, di C organico derivato dalla fotosintesi dalla pianta alle varie strutture fungine (micelio, spore e corpi fruttiferi in via di sviluppo);
• dalla capacità dei simbionti fungini di captare le sostanze nutrienti disponibili in forma inorganica e/o organica nel terreno e di cederle alla pianta attraverso una o più interfacce simbiotiche.
Il micelio che si diparte dalle radici colonizzate svolge un ruolo chiave nell’assorbimento dell’acqua e delle sostanze nutrienti da parte delle piante, proliferando in particolare nelle zone più ricche di sostanze e competendo efficacemente con altri microrganismi del terreno. Alcune differenze si possono riscontrare, tra le varie categorie micorriziche, nella capacità dei simbionti fungini di captare un numero più o meno elevato di elementi diversi dal terreno. La continua ricerca dei nutrienti da parte del fungo porta sostanzialmente ad un aumento della superficie complessiva del sistema radicale della pianta e del volume di suolo esplorato, fatto che porta ad un generale aumento della competitività di queste piante nei sistemi naturali.

Importanza
L’importanza delle micorrize non si riduce soltanto all’assorbimento di acqua e nutrienti dal terreno. Le piante micorrizate si presentano spesso più competitive e più tolleranti nei confronti degli stress ambientali rispetto alle piante non micorrizate, anche per ragioni legate a:
• acquisizione di nutrienti presenti in forme normalmente non disponibili per le piante (ad esempio N nei composti organici);
• capacità di abbattere la presenza di composti fenolici e metalli tossici nel suolo;
• protezione dagli stress idrici;
• protezione nei confronti di funghi parassiti e nematodi;
• benefici non nutrizionali dovuti, ad esempio, alla produzione di fitormoni;
• accumulazione di nutrienti;
A livello di ecosistema, tutto questo si traduce in una importante influenza:
• sulle popolazioni microbiche della rizosfera, tramite modifiche qualitative e quantitative degli essudati radicali;
• sulla struttura del suolo, che viene migliorata;

In definitiva la possibilità di micorizzare le piante in fase di messa a dimora, o gli alberi si dimostra un importante ausilio nella cura e nella soluzione di svariati problemi.

Considerazioni sulla gestione degli alberi

Si riporta comunicato dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Padova sul problema della gestione e degli abbattimenti di alberi nel territorio comunale di Padova.

L’abbattimento di un albero costituisce sempre una perdita di valore per la società e per l’ambiente, sia esso urbano o rurale.
L’albero, tramite complessi fenomeni biochimici, depura l’aria mediante l’assorbimento di CO2, la produzione di ossigeno, l’assorbimento e l’inattivazione di alcuni inquinanti (HF, SO2, Cl2, NOx), l’abbattimento delle polveri (un filtro sempre attivo per il particolato sospeso PTS, PM10 e PM2,5) e bilanciando la formazione di ozono. L’albero attenua l’inquinamento acustico assorbendo e mitigando le onde sonore e favorendo la produzione di “rumore bianco” (un particolare tipo di rumore caratterizzato dall’assenza di periodicità e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze). Inoltre, l’albero regola il microclima attraverso la sottrazione di calore all’aria, ombreggia i luoghi di sosta, riposo e ricreazione, ed offre riparo e nutrimento ad uccelli ed altri animali che, nonostante tutto, hanno fatto dell’ambito urbano la loro dimora.
L’albero è quindi un purificatore e un “climatizzatore” a costi molto esigui e di grande efficacia ! L’albero è un micro-habitat che contribuice ad arricchire la biodiversità e a migliorare le condizioni di vita dell’uomo, non senza trascurare la valenza paesaggistica che può rivestire un filare di alberi, come un esemplare isolato di grandi dimensioni.
Partendo da questa breve disamina, il Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Padova, prendendo spunto dai recenti abbattimenti che hanno trovato ampio eco sulla stampa locale, vuole fornire alcune indicazioni di ordine generale, volte a favorire il recupero della naturalità degli ambienti urbani e periurbani.
Innanzitutto è evidente che ogni albero ha bisogno di un suo spazio vitale e, quindi, di volta in volta la scelta della specie da impiegare va condotta considerando le dimensioni che assumerà alla maturità e non quelle all’impianto, come spesso può accadere a causa di varianti al progetto dell’ultim’ora; alcune specie sono più adatte ad ombreggiare i parcheggi, o a valorizzare i viali cittadini, o ancora a crescere negli spazi più angusti fra i condomini e le case della nostra città, che non è un ambiente uniforme, ma offre innumerevoli varianti ecologiche, nicchie, anche molto diverse fra loro, per le quali bisogna individuare le specie che meglio vi si possono adattare. Una scelta oculata permetterà di godere dell’albero per lunghi anni senza dover fare i conti con interferenze, disturbi frequenti ma soprattutto costose e inutili manutenzioni.
Una scelta attenta delle specie e della posizione di impianto permette anche di migliorare la naturalità dei canali che circondano la nostra città. Un’opportuna progettazione permetterebbe di ottenere, a fianco della funzione prioritaria di sicurezza idraulica, anche una funzione ricreativa e “naturalistica”. Ciò impone agli enti che hanno il compito di sorvegliare e mantenere in efficienza la rete idrografica e di scolo del nostro territorio non pochi sforzi. Il solo inerbimento degli argini semplifica il controllo del loro stato e l’esecuzione delle attività di manutenzione. L’albero in questi contesti andrebbe quindi collocato in posizioni adeguate, scegliendo, fra tutte, solo le specie che risultano più consone allo sviluppo della chioma e dell’apparato radicale, che non deve compromettere la stabilità dell’argine.
Non meno importante è la programmazione della manutenzione dell’albero, variabile in funzione della sua collocazione e funzione, ma che va sempre condotta prima che si manifestino i disagi, per evitare drastici interventi di potatura, non solo antiestetici ma veicolo essi stessi di infezioni che spesso portano alla morte della pianta e ne precludono un armonioso sviluppo.
Un approccio alla cura dell’albero che non consideri complessivamente questi aspetti condurrebbe a errori sostanziali nella gestione degli spazi verdi urbani, risorse indispensabili per tutelare la salute dei cittadini che non sempre hanno la consapevolezza di ciò. In merito alla gestione e quindi agli investimenti che sono tenuti a sopportare gli enti preposti va osservato che sarebbe proficuo considerare tutte le opportunità offerte dalle misure regionali, in termini di contributi, a favore della creazione di siepi e alberature con funzione soprattutto ecologica nonché l’utilizzo delle ormai consolidate tecniche di ingegneria naturalistica nelle zone più a rischio di frana ed erosione.

Il Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Padova